Da oltre 20 anni BTT ricerca in tutto il mondo le migliori innovazioni nel settore delle materie prime tessili come le fibre, studiandone attentamente le proprietà; per poi selezionare le aziende in grado di esaltarne le caratteristiche sulla base delle tecnologie installate e alle tipologie di mercato cui sono più introdotti. Questa strategia ha permesso di lanciare nel tempo soprattutto nel settore dei tessuti tecnici e tessuti-non-tessuti fibre nate sulla base di qualche esigenza di importanti clienti o per intuizione dei tecnici ma spesso lanciate sul mercato in modo errato (anche con investimenti sostanziosi e inutili) come è successo nel settore non-tessuti per le microfibre splittabili o la fibra tencel ma anche per la fibra pla (ingeo), il cotone bio (organic) e per le fibre antibatterire come Amicor, le fibre sintetiche “veramente” prive di metalli pesanti, più recentemente le fibre sintetiche altamente idrofiliche o le fibre in biopolimero ecocompatibile. Fibre spesso nate da tecnici ma poi catturate e gestite dagli uffici marketing e PR del settore “abbigliamento” sempre a caccia di novità per i lettori di riviste glamour, per trasformare fibre con contenuti tecnici in oggetti “di” moda o “alla” MODA ma dalla vita effimera e breve, che finiscono nelle ultime pagine delle collezioni dopo 2 stagioni perché se non “prendono” subito campo, si perdono nell’oblio delle fibre “bruciate”.
Sono sempre stati gli uffici marketing che sognano il successo nel settore “MODA” ad etichettare le fibre per aspetti impropri nell’intenzione di semplificare la visione del consumatore finale ma complicando la vita ai tecnici nel processo di riqualificazione e riattribuzione del giusto ruolo alla materia prima. Così è stato per la fibra pla (ecido polilattico), chiamata fibra di “MAIS” (con la pannocchia come emblema), finita nel mirino dei social media che si occupano di alimentazione (usare il mais-cibo per fare fibre anziché sfamare la gente povera) quando invece la fibra è interessante perché deriva da un polisaccaride prodotto anche dal corpo umano; oppure per la fibra di cotone bio (per pseudo ambientalisti-figli dei fiori), che è priva di allergeni (residui di pesticidi), oper la fibra di “BAMBÙ”, dove le proprietà vantate sono additivi chimici sintetici aggiunti, ricopiando la Natura e la fibra di cellulosa ottenuta non dalle foglie ma dal dissolvimento chimico della polpa del fusto. L’esaltazione dei soli aspetti “emotivi” delle materie prime fanno passare inosservati i veri plus di molte materie prime e ne decretano la morte “a tempo” della stessa. Spesso con danni irreparabili sul piano commerciale.
Anche nel campo delle fibre “tecniche” la confusione creata dagli uffici marketing ha portato danni alle stesse aziende produttrici nell’arco di pochi anni come per esempio è avvenuto per le fibra antibatteriche (in realtà antiodore) per il settore arredo basate sull’idea dell'”ARGENTO” come metallo prezioso e abbinate a un marchio creato ad arte per esaltare delle applicazioni inutili per fini tecnici e utili solo per vendere il prodotto finito, a scapito delle vere fibre tecniche efficienti, ma senza marchio glamour, e del vero problema. Lo stesso è avvenuto per le fibre “ceramiche” la cui componente “ceramica” doveva risolvere il problema di respingere il calore estivo, “creato” non soltanto dalla natura ma anche dalla stessa fibra sintetica di poliestere che incorpora il componente ceramico, il diossido di titanio ovvero il “colore” bianco (quando è noto che i materiali sintetici intrappolano calore anziché respingerlo). Citiamo anche la fibra di cashmere… dove quella mano così morbida e quella sensazione di “caldo” viene data spalmando “cera” sintetica nel ciclo di nobilitazione tessile; le fibre proteiche….
La lista dei bluff e delle “attese” creati dal marketing è lunga; come lungo e in salita è purtroppo anche il cammino a ritroso, alla riscoperta della stessa materia prima che per valenza e validità può aiutare a risolvere “problemi” del quotidiano di ognuno di noi come dell’industria.
BTT è una agenzia che ha come mission quella di occuparsi dei soli aspetti tecnici e non dei contenuti “glamour” delle fibre e possibilmente di affidarle nelle mani di chi ha le giuste competenze in Italia per salvare l’esperienza dei nostri tecnici tessili, riconosciuta a livello mondiale, ma anche occupazione e garantire futuro ai giovani diplomati e laurati dalle scuole tecniche italiane. MARCO BENEDETTI